A seguito delle richieste e segnalazioni che ci pervengono abbiamo ritenuto necessario far conoscere più da vicino le caratteristiche degli impianti di radioamatori e quale apporto elettromagnetico possono dare sull’ambiente circostante.
(14/01/2013)
Per prima cosa possiamo distinguere gli impianti radioamatoriali, in 2
categorie:
a) Gli “OM” (acronimo di Old Man, “caro vecchio amico”), cioè quelli che
per ottenere la licenza devono superare un esame di stato, con cui dimostrano
di conoscere le tecniche e le procedure necessarie per la trasmissione
radioamatoriale. Le loro “intercomunicazioni” possono avvenire solo su alcune
bande di frequenza assegnate internazionalmente al Servizio di Amatore.
b) I “CB” (acronimo di Citizen Band, utilizzatori della sola banda
cittadina, attorno ai 27 MHz), a cui è concesso di usare apparati ricetrasmittenti
di piccolissima potenza con finalità locale e per i quali lo Stato non richiede
conoscenze tecniche o comportamentali, basta pagare un tassa annuale.
I radioamatori OM, costituiscono una realtà mondiale riconosciuta come
“Servizio” e trovano la giustificazione ufficiale della loro esistenza
nella ITU (International Telecommunications Union), che riconosce ai
radioamatori debitamente autorizzati, finalità di “intercomunicazione, ricerca
tecnica e sperimentale senza fini di lucro”.
L’intercomunicazione con altri radioamatori del mondo, richiede l’utilizzo
efficiente delle proprie apparecchiature, che non prevedono elevate potenza di
trasmissione; mediamente infatti vengono irradiate un centinaio di Watt, circa
la stessa potenza di una lampadina.
Può capitare però che radioamatori esperti con accorgimenti tecnici aumentino
tale potenza, fino al limite consentito dalla vigente normativa italiana che
prevede un massimo di 500 Watt.
Le caratteristiche di trasmissione contemplano che il radioamatore possa
scegliere quale delle bande di frequenza permetta in quel momento la migliore
riflessione delle radioonde da parte della ionosfera, concentrando con antenne
direttive la sua potenza di trasmissione per inviarla solo nella direzione del
corrispondente.
Come tutte le sorgenti di onde elettromagnetiche, anche quelle generate ed
irradiate dai radioamatori devono sottostare ai limiti e ai vincoli imposti
dalla legge. Inizialmente, nell’anno 1998, con il Decreto del Ministero
dell’Ambiente n. 381 e successivamente con la Legge Quadro n. 36 del 2001, e
relativo D.P.C.M. dell´8 luglio 2003 "Fissazione dei limiti di
esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualita´ per la
protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz.",
sono state “normate” le emissioni anche per gli impianti radioamatoriali; tale
D.P.C.M. ribadisce i limiti di esposizione già a suo tempo stabiliti dal
D.M.381/98.
A seguito della suddetta legislazione nazionale, le varie Regioni d’Italia,
hanno emanato proprie leggi in materia, nell’ambito delle proprie competenze.
La situazione si è così diversificata da Regione a Regione, per quanto attiene
le modalità per il rilascio delle autorizzazioni alla installazione degli
impianti.
In Emilia Romagna la L.R. 30/2000 e ss.mm.ii, all’art. 2 “campo di
applicazione”, secondo comma, recita: ”Gli apparati dei radioamatori regolati
dal DPR 5 agosto 1966, n. 1214 saranno disciplinati con apposito
regolamento della Regione, nel rispetto delle disposizioni di cui al DM n. 381
del 1998, entro 120 giorni dall’approvazione della presente legge”.
Tuttavia, tale regolamento, ad oggi non è ancora stato emanato.
Ritornando a livello nazionale l’entrata in vigore nell’anno 2003 del D.Lgs. n. 259 “Codice delle comunicazioni elettroniche”, prevede espressamente un capitolo dedicato ai radioamatori (Titolo III-Capo VII: RADIOAMATORI e Allegato 26), nel quale viene indicato che l’autorizzazione generale per l’impianto e l’esercizio di stazioni di radioamatore è rilasciata dall’Ispettorato Territoriale del Ministero competente per territorio, al quale devono essere inviate le dichiarazioni/informazioni previste dalla normativa e al quale sono attribuite le competenze in relazione a detti impianti.
Ma le emissioni radioamatoriali costituiscono un pericolo per la salute dei
cittadini?
Sono esse confrontabili con le emissioni di altri Servizi, come la radio
diffusione, le televisione o la telefonia cellulare ?
Se riepiloghiamo le principali condizioni operative notiamo che:
a- il radioamatore in genere svolge tale “attività” come hobby, e quindi
dedica solo alcune ore al giorno, nelle quali comunque la maggior parte del
tempo è dedicata all’ascolto e quindi sono molto brevi i suoi “tempi di
trasmissione”.
b- L’uso dell’apparato SSB (Single Side Band) e della telegrafica
implicano che nessuna radio-onda venga irradiata tra una parola e l’altra o tra
un carattere telegrafico e l’altro. I 100 - 300 Watt di cui si è detto, sono
presenti solo nel picco della modulazione o a tasto abbassato. Nelle pause del
discorso o tra una parola e l’altra nessuna potenza viene trasmessa. Per tale
ragione, il calcolo della potenza mediata nel tempo ed effettivamente irradiata
nell’arco di 6 minuti, così come previsto dalla normativa italiana, risulterà
bassissima o addirittura non valutabile.
c- Tramite l’antenna direttiva, la maggior parte della potenza trasmessa è
diretta verso la ionosfera per sfruttarne la riflessione, solo nella direzione
del radioamatore con cui si tenta di collegarsi. Il “cono” di energia
concentrata è sufficientemente stretto e l’antenna sufficientemente alta da far
sì che l’onda trasmessa intercetti il terreno e quindi le zone abitate a
distanza tale da rendere il campo elettrico ivi misurabile pressoché
trascurabile.
Di conseguenza gli impianti radioamatoriali
non possono essere certo equiparati ad altre tipologie di sorgenti
elettromagnetiche quali le Stazioni Radio Base per la telefonia cellulare o gli
impianti diffusivi a servizio della tele-radio diffusione, caratterizzati da
emissioni continuo nell’arco delle 24 ore e con potenze sicuramente più
elevate.
Per tali ragioni si può
affermare che l’impatto elettromagnetico che tali apparati generano
nell’ambiente circostante sia da ritenersi trascurabile e pertanto da non
rappresentare una fonte di rischio elettromagnetico.